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giovedì 29 marzo 2018

A 60 ANNI ESATTI DALLA SCELLERATA RIFORMA CHE FECE CHUDERE PER SEMPRE IN ITALIA LE CASE CHIUSE, E' URGENTE E NECESSARIO ABOLIRE LA LEGGE MERLIN PER LIBERALIZZARE E REGOLARIZZARE LA PROSTITUZIONE IN ITALIA, UNICA ALTERNATIVA PER RESTITUIRE DIRITTI E PARI DIGNITA' ALLE DONNE CHE SENZA COSTRIZIONI ECONOMICHE E PSICOLOGICHE, VOGLIONO INTRAPRENDERE LA CARRIERA DI ESCORT O ACCOMPAGNATRICI PER FACOLTOSI, PAGANDO LE TASSE ALLO STATO ITALIANO, LIBERANDOLE DALLO SFRUTTAMENTO DELLA CRIMINALITA' ORGANIZZATA, DALLE MAFIE E PROTEGGENDOLE DALLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI, OLTRE CHE DAI MANIACI ASSASSINI CHE GIRANO DI NOTTE PER LE STRADE DELLE NOSTRE CITTA'!!!

DOPO L'APPROVAZIONE DELLA RIFORMA CIRINNA' SULLE UNIONI CIVILI E LA PARITA' DEI DIRITTI TRA LE COPPIE REGOLARI E LE COPPIE DI FATTO, SUI MATRIMONI GAY, SUL RICONOSCIMENTO DEL TESTAMENTO BIOLOGICO E SULL'APPROVAZIONE DELLA LEGGE SUL "DOPO DI NOI", OGGI SI PRESENTA L'URGENZA DI ABOLIRE LA LEGGE MERLIN PER LIBERALIZZARE E REGOLARIZZARE LA PROSTITUZIONE IN ITALIA, UNICA ALTERNATIVA PER RESTITUIRE DIRITTI E PARI DIGNITA' ALLE DONNE CHE SENZA COSTRIZIONI ECONOMICHE E PSICOLOGICHE, VOGLIONO LIBERAMENTE INTRAPRENDERE LA CARRIERA DI ESCORT O DI ACCOMPAGNATRICI PER FACOLTOSI, PAGANDO LE TASSE ALLO STATO ITALIANO, LIBERANDOLE DALLO SFRUTTAMENTO DELLA CRIMINALITA' ORGANIZZATA, LIBERANDOLE DALLA SCHIAVITU' DELLE MAFIE E PROTEGGENDOLE DALLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI, OLTRE CHE DAI MANIACI ASSASSINI CHE GIRANO DI NOTTE PER LE STRADE DELLE NOSTRE CITTA' E METROPOLITANE!!!
 
RIFORMA MERLIN 1958
La legge 20 febbraio 1958, n. 75[1] è una legge della Repubblica Italiana, nota come legge Merlin, dal nome della promotrice nonché prima firmataria della norma, la senatrice Lina Merlin. Essa abolì la regolamentazione della prostituzione, chiudendo le case di tolleranza e introducendo i reati di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione. La prostituzione in sé, volontaria e compiuta da donne e uomini maggiorenni e non sfruttati, restò però legale, in quanto considerata parte delle scelte individuali garantite dalla Costituzione, come parte della libertà personale inviolabile (articolo 13).
La legge Merlin regola tuttora il fenomeno in Italia.


LA SITUAZIONE NEL 2018


ABOLIRE LA LEGGE MERLIN PER LIBERALIZZARE E REGOLARIZZARE LA PROSTITUZIONE IN ITALIA, UNICA ALTERNATIVA PER RESTITUIRE DIRITTI E PARI DIGNITA' ALLE DONNE CHE SENZA COSTRIZIONI ECONOMICHE E PSICOLOGICHE, VOGLIONO LIBERAMENTE INTRAPRENDERE LA CARRIERA DI ESCORT O DI ACCOMPAGNATRICI PER FACOLTOSI, PAGANDO LE TASSE ALLO STATO ITALIANO, LIBERANDOLE DALLO SFRUTTAMENTO DELLA CRIMINALITA' ORGANIZZATA, LIBERANDOLE DALLA SCHIAVITU' DELLE MAFIE E PROTEGGENDOLE DALLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI, OLTRE CHE DAI MANIACI ASSASSINI CHE GIRANO DI NOTTE PER LE STRADE DELLE NOSTRE CITTA' E METROPOLITANE!!!
 
ABOLIRE LA LEGGE MERLIN PER LIBERALIZZARE E REGOLARIZZARE LA PROSTITUZIONE IN ITALIA, UNICA ALTERNATIVA PER RESTITUIRE DIRITTI E PARI DIGNITA' ALLE DONNE CHE SENZA COSTRIZIONI ECONOMICHE E PSICOLOGICHE, VOGLIONO LIBERAMENTE INTRAPRENDERE LA CARRIERA DI ESCORT O DI ACCOMPAGNATRICI PER FACOLTOSI, PAGANDO LE TASSE ALLO STATO ITALIANO, LIBERANDOLE DALLO SFRUTTAMENTO DELLA CRIMINALITA' ORGANIZZATA, LIBERANDOLE DALLA SCHIAVITU' DELLE MAFIE E PROTEGGENDOLE DALLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI, OLTRE CHE DAI MANIACI ASSASSINI CHE GIRANO DI NOTTE PER LE STRADE DELLE NOSTRE CITTA' E METROPOLITANE!!!


Lina Merlin, all'anagrafe Angelina Merlin (Pozzonovo, 15 ottobre 1887Padova, 16 agosto 1979), è stata una politica, partigiana e insegnante italiana, componente dell'Assemblea Costituente e prima donna a essere eletta al Senato.
Il suo nome è legato alla legge 20 febbraio 1958, n. 75 - conosciuta come Legge Merlin - con cui venne abolita la prostituzione legalizzata in Italia.
 
 
ABOLIRE LA LEGGE MERLIN PER LIBERALIZZARE E REGOLARIZZARE LA PROSTITUZIONE IN ITALIA, UNICA ALTERNATIVA PER RESTITUIRE DIRITTI E PARI DIGNITA' ALLE DONNE CHE SENZA COSTRIZIONI ECONOMICHE E PSICOLOGICHE, VOGLIONO LIBERAMENTE INTRAPRENDERE LA CARRIERA DI ESCORT O DI ACCOMPAGNATRICI PER FACOLTOSI, PAGANDO LE TASSE ALLO STATO ITALIANO, LIBERANDOLE DALLO SFRUTTAMENTO DELLA CRIMINALITA' ORGANIZZATA, LIBERANDOLE DALLA SCHIAVITU' DELLE MAFIE E PROTEGGENDOLE DALLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI, OLTRE CHE DAI MANIACI ASSASSINI CHE GIRANO DI NOTTE PER LE STRADE DELLE NOSTRE CITTA' E METROPOLITANE!!!
 
LA LEGGE MERLIN - FEBBRAIO 1958
 
La legge italiana in vigore fino ad allora prevedeva che venissero eseguiti controlli sanitari periodici sulle prostitute, in realtà i controlli erano sporadici e soggetti a pressioni di ogni genere da parte dei tenutari, specialmente al fine di impedire di vedersi ritirata la licenza per la gestione dell'attività.
Questo provvedimento legislativo fu il principale dell'attività politica della parlamentare socialista, che intese seguire l'esempio dell'attivista francese ed ex prostituta Marthe Richard, sotto la cui spinta nel 1946 erano state chiuse le case di tolleranza in Francia, e riprende i principi della Convenzione per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con risoluzione 317 (IV) del 2 dicembre 1949, entrata in vigore il 25 luglio 1951 e resa esecutiva in Italia con legge 23 settembre 1966 n. 1173.[2] Una prima versione del suo disegno di legge in materia di abolizione delle case chiuse in Italia, Lina Merlin l'aveva presentata nell'agosto del 1948 (anno in cui pare che fossero attivi oltre settecento casini, con tremila donne registrate, che risulteranno ridotte a duemilacinquecento al momento dell'entrata in vigore della legge) su sollecitazione di un gruppo di donne dell'Alleanza femminile internazionale in visita al Parlamento italiano e su suggerimento di Umberto Terracini, che aveva fatto la tesi di laurea sulla prostituzione[3]. Il progetto divenne legge, dopo un lunghissimo iter parlamentare, il 20 febbraio 1958: veniva abolita la regolamentazione statale della prostituzione e si disponevano sanzioni nei confronti dello sfruttamento e del favoreggiamento della prostituzione.
Il suo primo atto parlamentare era stato quello di depositare un progetto di legge contro il sesso in compravendita e l'uso statale di riscuotere la tassa di esercizio. Un incentivo alla sua azione legislativa venne dall'adesione dell'Italia all'ONU. In virtù di questo evento, il governo dovette sottoscrivere diverse convenzioni internazionali tra cui la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (del 1948) che, tra l'altro, faceva obbligo agli Stati firmatari di porre in atto la tratta degli esseri umani e l'aggiuntiva Convenzione sulla soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione altrui (1949/1951).
Il Partito Socialista Italiano di allora intendeva, come deriva della ratifica di questi trattati, abolire le case di tolleranza gestite dallo Stato. Tuttavia, l'allora ministro degli Interni Mario Scelba aveva smesso di rilasciare licenze di polizia per l'apertura di nuove case già dal 1948. La proposta di legge presentata dalla Merlin fu l'unica al riguardo. La Merlin ribadì nel dibattito parlamentare come l'articolo 3 della Costituzione italiana sancisse l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, e l'articolo 32 annoverasse la salute come fondamentale diritto dell'individuo; veniva citato inoltre il secondo comma dell'articolo 41 che stabilisce come un'attività economica non possa essere svolta in modo da arrecare danno alla dignità umana.
Alcuni dissidenti del PSI, come il medico Gaetano Pieraccini, pur essendo d'accordo nell'eliminare lo sfruttamento in sé, consideravano inestirpabile il fenomeno in sé, e volevano che comunque la prostituzione restasse regolamentata, anche senza il sistema delle case chiuse; affermavano che relegare nell'ombra il tutto poteva anche essere peggio e portare conseguenze disastrose per la salute pubblica, aumentando persino lo sfruttamento.[4] Pieraccini affermò che «per evitare la prostituzione, dovremmo essere costruiti come gli animali inferiori, ad esempio il corallo, che è asessuale e non ha il sistema nervoso»; sempre nel PSI, Eugenio Dugoni ebbe scontri verbali durissimi con la Merlin.[4]
Benedetto Croce (Partito Liberale Italiano) aveva detto che qualsiasi male ci fosse nelle case di tolleranza era comunque minore che nel caso fossero state abolite: «Eliminando le case chiuse non si distruggerebbe il male che rappresentano, ma si distruggerebbe il bene con il quale è contenuto, accerchiato e attenuato quel male».[5] Il PLI riteneva inoltre la legge Merlin un'indebita intrusione dello Stato in decisioni morali e lavorative personali, ma secondo i fautori la legge non impediva l'esercizio della decisione di prostituirsi ma solo lo sfruttamento. Se alcuni consideravano le prostitute come criminali o asociali in cerca di facile guadagno, la Merlin puntava il dito contro i clienti dei bordelli, definiti "corrotti":
« Sviluppiamo la coscienza sessuale del cittadino: aprite ai giovani i campi sportivi per esercitare gli sport; moltiplicate gli Alberghi della Gioventù e spianate le vie dei monti e dei mari, anziché lasciare i giovani affollare i vicoli della suburra in attesa del loro turno dietro la porta del lupanare. Fate che non imparino dalla malizia del compagno più esperto come si genera la vita, ma fate che imparino dall’insegnamento scientifico quanto essa è bella e sacra nel fremito delle piante e degli animali, uomo compreso, che la rinnovano nell’amore! (...) La sfrenatezza della vita è un sintomo di decadenza. Il proletariato è una classe che deve progredire. Non gli occorre l’ebbrezza, né come stordimento né come stimolo. Dominio di sé, autodisciplina, non è schiavitù, nemmeno in amore! Signori, questo è l’insegnamento di Lenin ai giovani del suo Paese, e anche noi dovremmo accoglierlo perché esso non contraddice ai nostri credi! (...) I clienti sono spesso uomini corrotti, sposati e non scapoli soltanto. Sono altresì studenti, operai, soldati che vengono condotti per la prima volta nel lupanare per soddisfare una curiosità. Non resterebbero certamente casti senza la regolamentazione, ma neppure cederebbero ai primi stimoli della passione, quando ancora non hanno le ossa ben formate. Ma ciò avverrebbe più tardi, con un atto normale e sano.[6] »
Un altro senatore socialista, Gustavo Ghidini, parlò di incostituzionalità della proposta di legge in quanto contraria proprio all'articolo 32 della Carta fondamentale dello Stato, comma 1: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività», in quanto la legge avrebbe diffuso le malattie veneree senza controllo.[4] Entrambe le parti, interpretando ciascuno a sostegno delle proprie posizioni, si richiamarono come detto all'articolo 32 ma anche all'articolo 41:
« L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. »
(Articolo 41, comma 1-2, Costituzione della Repubblica Italiana)
Secondo la Merlin, la prostituzione anche volontaria era dannosa per la dignità della donna, mentre secondo i fautori del modello vigente e della legalità del meretricio, era un'attività economica privata che era perciò da lasciare libera, e, previa libera decisione della lavoratrice e svolta in condizioni di legalità e sicurezza, non pregiudicava la dignità e la libertà della donna (cosa peraltro sancita anche da pronunce giudiziarie dei decenni successivi che definirono la prostituzione non sfruttata come un lavoro "normale"[7]); la donna invece sarebbe stata pregiudicata se la professione di prostituta fosse stata collocata nell'illegalità o fuori da ogni controllo, rendendo la prostituta soggetta alla criminalità.[4] Nella proposta Merlin la punizione dei clienti e delle prostitute singole invece non fu ritenuta idonea, anche perché mancava in Costituzione qualsiasi norma cogente (come previsto dall'articolo 54) contro il mero consumatore di un'attività non legale o contro il lavoratore in essa "sfruttato" e quindi vittima, e contro la libera professionista, figura rientrante nella sfera delle libere scelte personali e inviolabili dell'individuo (articolo 2 e 13).[8]
Tra i compagni di partito della Merlin, lo stesso Pietro Nenni era perplesso su molti aspetti della legge e l'onorevole Merlin, nel 1958, minacciò quindi di rendere pubblici i nomi di esponenti socialisti tenutari di bordello.[9] Tuttavia, nessuno di questi autorevoli oppositori poté votare la legge, a causa del lungo iter, ed essendo tutti deceduti prima del 1958, ad eccezione di Nenni e Ghidini (che però non era più deputato).
A detta della senatrice, le leggi che fino ad allora avevano regolamentato la prostituzione potevano e dovevano essere abolite, senza che a esse venisse sostituito alcun controllo o permesso di esercitarla in luogo pubblico. Occorsero circa dieci anni perché la sua proposta di legge percorresse l'intero iter legislativo. Nonostante avesse dalla propria parte una maggioranza di consensi, la legge incontrò ostacoli di diverso genere durante il dibattito nelle aule parlamentari, dovendo essere ripresentata allo scadere di ogni legislatura e ricominciare i dibattiti tanto in aula quanto in commissione.[4]
A favore della legge si schierarono infine socialisti, comunisti, repubblicani, democristiani e alcuni socialdemocratici, mentre contrari furono liberali, radicali, missini, monarchici, la maggioranza dei socialdemocratici e vari dissidenti di partiti favorevoli (diversi socialisti, molti dei quali lasciarono il PSI per aderire al PSDI, alcuni repubblicani, qualche comunista[10], ecc.).[4][11] Alla fine prevalse la posizione della Merlin e la legge fu votata dal Parlamento nel 1958. 
La legge stabiliva, nel termine di sei mesi dall'entrata in vigore della stessa, la chiusura delle case di tolleranza, l'abolizione della regolamentazione della prostituzione in Italia e l'introduzione di una serie di reati intesi a contrastare lo sfruttamento della prostituzione altrui.
La legge, proibendo l'attività delle "case da prostituzione"[12] puniva sia lo sfruttamento sia il favoreggiamento della prostituzione, in particolar modo "chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui".[13] La norma prescriveva anche la costituzione di un Corpo di polizia femminile, che da allora in poi si sarebbe occupata della prevenzione e della repressione dei reati contro il buon costume (sanzionati anche dalla stessa legge Merlin come "libertinaggio") e della lotta alla delinquenza minorile.[14]  
Alla mezzanotte del 19 settembre del 1958, come primo effetto della norma, vennero chiusi oltre cinquecentosessanta postriboli su tutto il territorio nazionale.[senza fonte] Molti di questi luoghi furono riconvertiti in enti di patronato per l'accoglienza e il ricovero delle ex-prostitute. La tenacia di Lina Merlin nel portare avanti, fin dal momento della sua elezione, la propria lotta al lenocinio (favoreggiamento) inteso come sfruttamento di prostitute (e, di fatto, quindi decretare l'illegalizzazione della prostituzione) portò all'approvazione dell'omonima e ampiamente discussa legge. L'avvenimento, che segnò una svolta nel costume e nella cultura dell'Italia moderna, venne visto da alcuni come una svolta positiva, da altri col timore di alcune conseguenze quali gravi epidemie di malattie veneree e il dilagare delle prostitute nelle strade delle città, cosa che in effetti avvenne.
Pur essendo l'argomento per sua natura scabroso, e perciò improponibile sui pudibondi mezzi di informazione dell'Italia degli anni cinquanta, nel Parlamento e nella società si creò una spaccatura trasversale tra coloro che sostenevano l'opinione della Merlin, tra cui molti esponenti di area cattolica, e molti altri che invece opposero un atteggiamento di rifiuto totale e categorico.
L'ostilità verso la Merlin dei tenutari di case di tolleranza, che si erano riuniti in un'associazione di categoria denominata APCA (Associazione Proprietari Case Autorizzate), e di tutti coloro che si opponevano alla sua proposta di legge,
giunse al punto di costringerla alla semi-clandestinità, dopo che ebbe ricevuto intimidazioni e minacce di morte.
Molti hanno presentato nel corso degli anni proposte di legge per l'abolizione o l'attenuazione della legge Merlin, ad esempio i Radicali Italiani, la Lega Nord, La Destra e il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute guidato da Pia Covre e Carla Corso.[19]
Il ministro per le pari opportunità Mara Carfagna (Forza Italia-Popolo della Libertà) propose nel 2008 un disegno di legge proibizionista contro la prostituzione stradale, ma non arrivò mai all'iter parlamentare.
Il 27 luglio 2013 sulla gazzetta ufficiale della Corte Suprema di Cassazione è stato pubblicato il quesito referendario intitolato "Volete voi che sia abrogata interamente la legge 20 febbraio 1958, n. 75, intitolata Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui?"[20][21][22]
Il quesito è stato depositato da Angelo Alessandri e Matteo Iotti (Progetto Reggio) e Luca Vezzani (Pdl). L'iniziativa è stata promossa da diversi sindaci di diverse città italiane e la raccolta firme è partita in alcuni comuni già durante il mese di agosto 2013.[23][24] Tuttavia la proposta si arenò poiché al 16 ottobre venne a mancare il numero necessario per la proposizione del referendum.[25]
Nel marzo 2014 venne presentato un disegno di legge da parte della senatrice Maria Spilabotte del Partito Democratico al fine di regolamentare il fenomeno,[26] iniziativa che però non si è mai concretizzata in una norma di legge, pur godendo dell'appoggio trasversale di molti gruppi tra cui Lega Nord, Movimento 5 Stelle, Nuovo Centrodestra, PSI e Forza Italia.
Nello stesso mese la Lega Nord ha avviato una nuova raccolta firme.[27] Dell'iniziativa è stata data notizia sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana nn. 36 e 46 del 2014 e la scadenza per la raccolta è stata fissata il 13 giugno 2014. Le firme sono state poi depositate alla fine del mese di giugno 2014.[28] Di contraltare sono stati presentati anche disegni di legge per inasprire le sanzioni come quello della deputata Caterina Bini (sempre del PD) nel 2016, proponendo l'introduzione del modello neo-proibizionista ai danni dei clienti.
Alcuni comuni italiani, sul modello di dette legislazioni proibizioniste, hanno introdotto ordinanze che prevedevano pesanti multe per i clienti delle prostitute di strada, con possibile arresto in flagranza di reato (fino alla depenalizzazione di tali fattispecie) da parte della polizia municipale, per i reati di intralcio al traffico e atti osceni in luogo pubblico[29], ma spesso tali misure sono state ritenute incostituzionali e regolarmente le risultanti sanzioni sono invalidate da pronunce giudiziarie, in quanto nemmeno la stessa legge Merlin prevede sanzioni di questo tipo e secondo l'art. 23 «Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge».[30][31]
Nel 2017, basandosi sul decreto legislativo n. 46/2017 (cosiddetto decreto Minniti-Orlando sull'immigrazione clandestina), il sindaco di Firenze Dario Nardella (Partito Democratico) ha emesso un'ordinanza sul divieto di chiedere o accettare prestazioni sessuali a pagamento per strada, con pene dall'arresto fino a tre mesi e multe fino a 200 euro anche se il rapporto non si è consumato.[32]
La proposta di alcuni sindaci di zone a luci rosse nei loro comuni (ad esempio a Roma da parte di Ignazio Marino), sono peraltro sempre state abbandonate su richiesta dei prefetti perché in contrasto con la legislazione nazionale definita nella legge Merlin, che configurerebbe per i Comuni stessi (non titolari della facoltà di legiferare su temi etici e di sicurezza avocati al solo Stato) il reato di favoreggiamento della prostituzione.[33]
 
 





venerdì 23 marzo 2018

FESTEGGIAMO LA PRIMAVERA CON DUE CHICCE: UN VIDEO PORNO CON UNA RAGAZZA ORIENTALE CHE SI FA SCOPARE DA DUE BEI CAZZI ED UN BELLISSIMO FIOR DI LOTO, UNA GIOVANISSIMA RAGAZZA CINESE SI MASTURBA IN WEBCAM IN ESCLUSIVA SOLO PER I FAN DI PORNOLIOLAND - Cina: il "porno del popolo" supera la censura online...


VENTENNE CINESE AMANTE DEL PORNO

SI MASTURBA PER LA NOSTRA GIOIA
 

Il porno in Cina è vietato perché “inquina lo spirito”. Ma tra applicazioni e abili siti locali, la maggioranza dei cittadini ha aggirato i censori almeno una volta. E tra i consumatori crescono le donne, rivela una ricerca che sfata molti tabù. E include l’hardcore nel sogno di una nuova Cina

Il 2014 fu l'anno terribile per il porno cinese, fu l'anno che vide una campagna strenua e terribile - Cleaning the Web - da parte del governo contro i contenuti pornografici. Liu Chunqi, uno dei "censori del porno", nel 2014 diventò una specie di celebrità nel web cinese perché decise di raccontare la sua storia, non senza un certo imbarazzo, ma al governo cinese servivano casi virtuosi, padri di famiglia che sacrificavano il proprio tempo per ripulire da contenuti dannosi la moralità dei giovani cinesi.Il sito China-org, raccontò la storia di Liu fin dall'inizio, quando il suo lavoro aveva a che fare per lo più con vhs e dvd; fu infatti nel 2008 che il capo dell'unità di polizia gli aveva assegnato quel tipo di lavoro: guardarsi materiale video e poi online e segnalare i contenuti pornografici. Liu avrebbe protestato, quel lavoro non lo voleva. Come avrebbe raccontato la sua mansione alla moglie? E come alla famiglia e ai vicini di casa? Ma alla fine – non senza ritrosie di Liu - il su capo fu capace di convincerlo. Nel suo primo giorno di lavoro Liu ricevette «12 presunti video pornografici e si è seduto al computer per 10 minuti senza fare nulla, preso da un conflitto interno. Dopo aver fatto partire il primo video, è diventato rosso e ha iniziato a sudare, sentendosi "come un ladro che teme di essere colto in flagrante". Ben presto identificò i 12 video come pornografici e fornì certificazioni e prove legali ai colleghi di polizia, e i sospettati furono presto detenuti». Da allora – dai dvd e ai primi siti porno cinesi - molto è cambiato. Pan Suiming, direttore dell'Institute for Research on Sexuality and Gender alla Renmin University di Pechino, nel corso degli anni ha realizzato molti sondaggi sull'utilizzo del materiale pornografico da parte dei cinesi. Di recente ha raccontato che sulla base delle sue ultime ricerche, cadrebbero alcuni «miti» in relazione alla Cina e all'industria del porno. Il primo dato è che aumentano le donne che fanno uso di materiale pornografico. Primo «luogo comune» distrutto. Pan scrive: «l'attuale generazione di giovani donne cinesi, quelle tra i 18 e i 29 anni, ha iniziato a sfatare questa idea sbagliata» radicata molto a fondo nel Paese, tanto che Pan nel suo articolo su SixthTone ricorda un evento proprio del 2014 quando a «un evento di educazione sessuale nella città meridionale di Guangzhou, un gruppo di militanti conservatori militanti gettò feci contro la sessuologa Peng Xiaohui». C'è un secondo punto che viene sottolineato da Pan secondo il quale nel 2015 almeno il 68% dei cinesi avrebbe fatto uso di materiale pornografico: con una percentuale del genere «appare chiaro che il divieto generale del Paese su tutto quanto è pornografia appare del tutto trascurabile». E non solo, perché secondo Pan questi dati sono ancora più positivi per il futuro della società cinese e la sua maturità sessuale, perché alla crescita di persone che fa uso di materiale pornografico, diminuirebbero anche i reati di natura sessuale. La storia del porno in Cina però, parte da molto lontano. Limitandoci al web possiamo ricordare che il porno in Cina ha una sua prima nascita nel 2004, quando alcuni suoi portali precedettero addirittura i ben più celebri omologhi occidentali come Youporn (lanciato nel 2006). Poi è bene precisare un aspetto: così come per i contenuti che la dirigenza del partito comunista definisce sensibili, i siti porno stranieri in Cina sono completamente bloccati, ma basta una vpn - virtual private network - per arginare il problema. In secondo luogo, un po' come per tutto il resto del mondo web, la Cina ha finito per vedere realizzati dei prodotti cinesi capaci di evitare controlli e muoversi tra le zone grigie della legislazione locale. Ovviamente se si viene colti in flagrante c'è la condanna a pubbliche umiliazioni come quella patita da una ragazza che nel 2017 fu costretta a chiedere pubblicamente scusa per aver guardato siti pornografici a scuola. Nel 2009 – ad esempio - era toccato a Baidu, il google cinese, chiedere pubblicamente scusa per aver lasciato alcuni siti porno tra i risultati delle proprie ricerche. Nel 2004 in Cina nacquero due siti che hanno fatto la storia del porno cinese: 99Erotica Forum e Erotica Juneday. Il modello di business per questi servizi in Cina - ha raccontato su Quartz Zheping Huang - «è abbastanza semplice: prima che i visitatori possano guardare o scaricare il porno che vogliono, devono navigare attraverso annunci a pagamento che vendono giocattoli sessuali, Viagra e casinó online». All'interno dei siti c'è tutta la fantasia sessuale di un cinese, almeno secondo gran parte delle esperienze di chi ha vissuto in Cina: «un mix di video amatoriali domestici e contenuti piratati dal Giappone e dagli Stati Uniti, che in genere impostano i loro server all'estero e cambiano frequentemente i loro indirizzi per evitare di essere individuati dalle autorità». Dal 2004 a oggi il porno in Cina ha ingaggiato la sua battaglia, stile gatto con il topo, con le autorità censorie. Molti siti sono stati chiusi, molti sono stati gli arresti. Poi sono arrivate le app per il livestreaming ed è nata una nuova modalità di usufruire dei contenuti pornografici: queste app sono cresciute moltissimo in Cina - si calcola che l'industria complessiva faccia girare oltre 4 miliardi di dollari - anche grazie al porno. Come scrive Zheping Huang "Ogni giorno e notte, migliaia di giovani donne cinesi appaiono sulla macchina fotografica per cantare, ballare, bere rumorosamente e flirtare con un pubblico prevalentemente maschile. Gli spettatori pagano per regali virtuali, con le piattaforme che ottengono una quota delle entrate". Il consumo del porno è proibito in Cina in quanto "spiritual pollution", inquinamento spirituale. Il porno sarebbe dunque un elemento di disturbo per i cittadini. Non la pensa così Pan che termina il suo articolo con un augurio: «Ho costantemente chiesto la fine delle campagne intraprese con l'obiettivo di reprimere i contenuti pornografici. I timori immaginati dei conservatori cinesi, che formulano un giudizio morale su chi consuma prodotti a contenuto sessuale, è infatti soltanto quello: pura immaginazione».
PORNOGRAFIA DI POPOLO
Gran parte delle discussioni sull'utilizzo e sulla cultura di Internet in Cina fanno riferimento alla nascita dell'attivismo online nel campo dei diritti umani, ma negli ultimi anni è emersa con evidenza anche una cultura erotica del web, che racconta apertamente l'attività sessuale degli cittadini.
Una ricerca sulla "pornografia del popolo" di Katrien Jacobs, professore associato presso l' Università Cinese di Hong Kong, indaga la cultura dei porno cinesi "fai da te" presenti online e l'interazione tra i produttori e consumatori di pornografia, all'interno del sistema della censura governativa.
Qui di seguito la trascrizione di una intervista di Ronald Yick e Oiwan Lam sull'imminente pubblicazione del nuovo libro della professoressa Jacobs, People's Pornography: Sex and Surveillance on the Chinese Internet.
Global Voices (GV): Può spiegarci che cosa intende nel suo libro per "pornografia del popolo"?Katrien Jacobs (KJ): Innanzitutto, il termine sta a indicare il "fai da te", ovvero un recupero della pornografia amatoriale. Ma si riferisce anche alla pornografia specificamente prodotta in Cina. Come espressione suona alquanto ironica, poiché formalmente in Cina la pornografia non esiste ed è vietata per legge, nonostante tutti siano al corrente dei vari siti porno, inclusi quelli amatoriali.GV: Da esperta ricercatrice sulla pornografia "fai da te" nella società occidentale, quali le differenze con quella cinese? KJ: Nella società occidentale esiste una forte cultura alternativa ed è possibile osservare l'opera di artisti o membri di comunità underground che sui loro siti web promuovono visioni personali e diverse della pornografia. Ad esempio, un sito come Beautiful agony, che dipinge l'orgasmo unicamente attraverso i volti delle persone, rappresenta una sorta di critica alla pornografia commerciale e alla sua eccessiva focalizzazione sulla ripresa dei genitali. Questo il contesto da cui sono partita. Ho conosciuto delle persone interessate a siti del genere e altre che li realizzano. Naturalmente anche questo tipo di cultura è stato ben presto commercializzato; tant'è che esiste un movimento del "fai da te" che non è veramente prodotto per e dalla gente, ma che promuove, con parvenza amatoriale, l'immagine erotica della ragazza della porta accanto. In Occidente esistono perciò due movimenti pornografici in competizione tra loro: gli amatoriali veri e propri e i soggetti commerciali. In Cina e a Hong Kong c'è gente che carica video e foto erotiche online, talvolta anche su siti preposti come Porntube, la versione porno di YouTube. Questi siti sono aperti a chiunque nel mondo, ma naturalmente chi risiede nella Cina continentale non vi ha accesso, ed è raro che prenda parte al movimento del porno "fai da te". Tuttavia, abbiamo notato che i giovani hanno iniziato a filmare video erotici in luoghi segreti o posti nascosti, come classi scolastiche vuote, stanze mediche, ascensori o semplici corridoi. Dai numerosi video che ho rintracciato online, archiviati su siti diversi, posso dire che al momento in Cina questo tipo di pornografia esiste sicuramente, ma si tratta di un movimento sparso, che la gente comunemente attribuisce all'immaturità dei protagonisti. Secondo me è invece il segnale che qualcosa sta cambiando.GV: Cosa intende quando nel suo libro parla di "liberazione erotica"?KJ: Per prima cosa, vedo liberazione nel fatto che la gente possa avere accesso alla pornografia e, in secondo luogo, nel fatto che proprio grazie al porno i cittadini possano esprimere un'identità culturale e sessuale. Con questi video i giovani acquistano un certo potere: hanno rapporti sessuali e li filmano, caricano i video online e li condividono, nonostante tutto ciò sia illegale e proibito per legge in Cina. Ma sta comunque accadendo. Tuttavia, la faccenda non va presa troppo sul serio, non in termini di liberazione politica almeno, poiché in fondo questi ragazzi si stanno semplicemente divertendo. Certo è che commettono reato, un doppio reato: adottano condotte sessuali libere e caricano online i video che le attestano. La parte eccitante sta proprio nell'infrangere la legge non una, bensì due volte.GV: Sono consapevoli del loro atteggiamento sovversivo nel diffondere la pornografia?KJ: Le persone che ho intervistato in Cina - tra cui alcuni universitari - sono sì dei netizen, ma non necessariamente gli stessi che poi diffondono i video. La cosa interessante è che sono perfettamente al corrente del fatto che è in corso una guerra alla pornografia; sanno che è proibita a norma di legge, ma anche che il governo la strumentalizza per controllare Internet. Tuttavia riescono a scavalcare il Grande Firewall della censura, a trovare quello che cercano e a condividere tra di loro i link segreti. Le minoranza sessuali, invece, sono molto più vulnerabili, perché hanno ancora difficoltà a trovare accettazione in Cina. Per loro la possibilità di lanciare un movimento porno è fuori discussione al momento.GV: Negli ultimi anni la pornografia amatoriale caricata online è andata in crescendo. I cinesi si divertono particolarmente quando riescono a scoprire l'identità delle persone che compaiono nei video, specie se si tratta di funzionari governativi corrotti. Cosa ne pensa? Crede che il fenomeno possa essere collegato alle interazioni tra generi e ai rapporti di potere?KJ: Certo, è naturale. Se riescono a smascherare un funzionario governativo corrotto hanno la possibilità di mettere in discussione i rapporti di potere e dare risalto alla propria posizione. Ma si tratta di una questione problematica, perché in termini di sessualità la gente è spesso interessata solo alla vita erotica segreta di una persona. Non penso che ciò sia legittimo, nemmeno quando si tratta di personaggi di spicco all'interno del partito; non spetta a noi giudicare le loro abitudini sessuali. Preferirei piuttosto che la gente si lamentasse della mancanza di erotismo. Ritengo assai interessanti i commenti di Han Han sulla propaganda dell'impotenza. La società tradizionale osteggia la diffusione della pornografia: possiamo fare sesso, forse, ma non pornografia. Non ci è consentito di documentare il nostro piacere, il nostro orgasmo. Con questa tesi Han Han si schiera contro la storia della repressione erotica in Cina. Ma attaccare qualche funzionario governativo per via dei loro rapporti clandestini non servirà a cambiare la corruzione del sistema.GV: Qual è il nesso tra la battaglia contro la censura e l'attivismo sessuale in Cina?KJ: In Cina i netizen sembrano essere al corrente della guerra al porno e dell'esistenza di software di filtraggio all'uopo. In effetti, Cao Ni Ma, nome del lama simbolo della lotta a tali software-filtro ideato nel 2009, è un'espressione collegata al sesso. La rapida diffusione di Cao Ni Ma ha rappresentato un momento importante nella lotta dei netizen per la libertà civile e di espressione, e dimostra come in Cina, più che altrove, gli elementi esplicitamente connessi alla sfera erotica costituiscano il cavallo di battaglia di questa lotta. Certamente gli attivisti politici preferiscono evitare le questioni legate alla pornografia o, in generale, alla sfera sessuale. Penso che in un certo senso il dibattito sia marginalizzato, ma se lo si osserva da vicino si può notare come, in realtà, ciò faccia parte di un contesto più ampio, le cui protagoniste principali risultano essere delle blogger. Per esempio, Muzi Mei e Liumangyan (attiviste interne all'industria del sesso) rappresentano due ottimi esempi di donne e blogger femministe coinvolte nel movimento, che non cercano di separare l'attivismo sessuale da quello politico. Ritengo che esista una tradizione maschile di attivismo politico che divide le questioni sessuali da quelle politiche, contrapposta a una tradizione femminile più esibizionista e realistica, rappresentata da queste blogger. Il gap tra le due tradizioni è innegabile ed è scrivendo il capitolo sui blogger che ho potuto rendermene conto.GV: In altre interviste ha menzionato sorpresa di fronte alle fantasie degli uomini cinesi sulla possibilità di intrattenere rapporti sessuali con ragazze minorenni. Da dove ha origine questa fantasia?KJ: Credo provenga dal Giappone, dal momento che la pornografia dominante in Cina è quella giapponese, che promuove l'immagine di una donna giovane, innocente, sottomessa e, almeno in apparenza, minorenne. Molti dei ragazzi che ho intervistato mi hanno confidato che si tratta di una delle loro fantasie principali, che vogliono vedere la ragazza sottomettersi. Cosa significa? Penso che questo genere di erotismo serva a conferire un senso di potere all'uomo: se la donna si sottomette, vuol dire che la si può gestire. Tuttavia, se nelle fantasie l'uomo è in grado di gestire questo tipo di ragazza, non è detto che la sua partner sia realmente così; anzi, è più probabile che si tratti di una donna molto forte e determinata. Alcuni studi rivelano come in Giappone questo tipo di fantasie siano opposte alla realtà e vadano ricondotte a un senso di debolezza e incompetenza inculcato dalle madri nei figli maschi, particolarmente viziati sin dall'infanzia. In Cina il fenomeno è piuttosto simile.GV: Il libro affronta anche le etnie e le relazioni erotiche online in Cina?KJ: In effetti, in un capitolo riporto le interviste condotte su sei siti, riguardanti le fantasie erotiche degli intervistati sui partner che cercano online. La tendenza più comune prevede l'accoppiamento di un maschio caucasico con una donna cinese, anche se sono sempre più numerosi gli uomini cinesi interessati a instaurare rapporti con donne occidentali. Ho intervistato dei ragazzi che volevano uscire con me e mi hanno confidato molte delle loro frustrazioni, perché incapaci di intrattenere rapporti le donne locali o anche solo di sedurle. Attraverso una ricerca sul meccanismo degli appuntamenti a Hong Kong, ho scoperto una forte discontinuità tra uomini e donne eterosessuali: parecchi hanno aspirazioni diverse; forse l'insorgere di fantasie su una donna facile e sottomessa può essere ricondotto a ciò. Si tratta di un capovolgimento tra fantasia e realtà: da un lato gli uomini sognano una donna remissiva; dall'altro vengono rifiutati pesantemente dalla controparte femminile, ad esempio sui siti di appuntamenti online. Le donne cinesi pretendono moltissimo e hanno l'abitudine di rendere pubbliche tali pretese, atteggiamento che li scoraggia parecchio. Sia Hong Kong sia la Cina continentale sono società patriarcali, dove nella realtà quotidiana, sul posto di lavoro e in casa gli uomini detengono un forte potere. Ma è necessario analizzare anche l'altra faccia della medaglia, quelle realtà in cui sono le donne ad avere il controllo. 
GV: Un'ultima domanda: quando le autorità cinesi imprigionarono il famoso artista e attivista Ai Weiwei uno dei capi d'accusa riguardava le foto in cui compare nudo. Perché crede che queste foto rappresentino un pericolo per il governo?KJ: Ricordo che uno dei capi d'accusa per cui venne imprigionato fu quello di diffusione della pornografia. Penso che Ai Weiwei rappresenti una minaccia per le autorità, perché è dotato di un gran senso dell'umorismo, come si può notare dalle foto in cui salta in aria completamente nudo, tenendo in mano uno Cao Ni Ma. Ai Weiwei è un simbolo importante nella lotta per libertà di espressione, di cui la sessualità è parte integrante. Se un uomo è libero, è un artista e ha una personalità eccentrica, allora può essere che faccia questo genere di cose e se ne vada in giro saltando nudo. Lui rappresenta proprio questo senso dello humour e della libertà, molto pericolosi in Cina.
Post originale: China: Sex, Censorship and the Rise of ‘People's Porn' , di Ronald Yick. Ripreso da Global Voices Online: community che aggrega, organizza e amplifica la conversazione globale online – mettendo in luce luoghi e persone spesso ignorati dagli altri media. 
 
Tradotto da Marta Fulcheri - Fonte: http://www.lastampa.it


martedì 6 marzo 2018

La meravigliosa Maria Elena Boschi del PD stravince a Bolzano con il 41% dei voti contro il 24% di Biancofiore (Forza Italia) - PORNOLIOLAND aveva scelto bene: COMPLIMENTI alla MINISTRA piu' SEXY e BELLA d'Italia che per forza di cose doveva vincere!!!



MARIA ELENA BOSCHI - PARTITO DEMOCRATICO
BOLZANO - (ITALIA) - Maria Elena Boschi è stata eletta nel collegio uninominale per la Camera a Bolzano con il 41,23%. Dopo lo scrutinio di tutte le 143 sezioni, Michaela Biancofiore (Fi) arriva al 24,99%. La candidata M5S Filomena Nuzzo è terza con il 20,55%, mentre Norbert Lantschner (LeU) si ferma al 6,28%, Andrea Bonazza (CasaPound) al 4,29% e Michele Giancola (Potere al Popolo) all'1,16%. Sotto l'1% Romana Cordova (Popolo della Famiglia) 0,91% e Hansjoerg Kofler (Partito valore umano) 0,54%. Schede non valide 5.610, di cui bianche 2.504. 


MARIA ELENA BOSCHI - PARTITO DEMOCRATICO
 

Elezioni 2018, Maria Elena Boschi eletta!

Maria Elena Boschi è stata eletta a Bolzano: la sottosegretaria ha totalizzato il 41,23%, staccando Micaela Biancofiore che con il centrodestra ottiene il 24,99%. Più indietro Filomena Nuzzo (M5s) con il 20,55%).


MARIA ELENA BOSCHI - PARTITO DEMOCRATICO


venerdì 2 marzo 2018

PORNOLIOLAND SCEGLIE LA MINISTRA PIU' BELLA E PIU' SEXY DELLA REPUBBLICA ITALIANA: MARIA ELENA BOSCHI CANDIDATA PER IL PD NEL COLLEGGIO DI BOLZANO...

MARIA ELENA BOSCHI - PD
DOMENICA 4 MARZO 2018
VOTA IL PARTITO DEMOCRATICO
 
DOMENICA 4 MARZO 2018
VOTA IL PARTITO DEMOCRATICO
Nata a Montevarchi ma cresciuta a Laterina, piccolo comune della provincia di Arezzo dove la sua famiglia risiede da generazioni; figlia di Pierluigi Boschi (1948), titolare dell'impresa agricola "Il Palagio", dirigente provinciale della Coldiretti, membro del Consiglio della Camera di Commercio di Arezzo, dal 2004 al 2010 presidente della Confcooperative di Arezzo, e dal 2011 al 2015 consigliere di amministrazione di Banca Etruria, di cui dal 2014 è stato anche vicepresidente, e di Stefania Agresti (1957), dirigente scolastico e impegnata nella politica locale, tre legislature nel consiglio comunale di Laterina, di cui l'ultima da vicesindaco, e candidata non eletta nel 2010 alle elezioni regionali in Toscana per il Partito Democratico. Ha due fratelli: Emanuele Boschi, commercialista e revisore contabile presso lo Studio BL di Firenze, precedentemente program e cost manager in Banca Etruria, e Pierfrancesco Boschi, ingegnere civile.
Di educazione cattolica, ha sempre partecipato alla vita religiosa della sua parrocchia: chierichetta, catechista, volontaria; nel 1997 ha partecipato alla Giornata mondiale della gioventù di Parigi e nel 2000 a quella organizzata a Roma per il Giubileo.[1]
Ha conseguito la maturità classica al liceo Francesco Petrarca di Arezzo nel 2000 con 100/100.[2]
Si è laureata con votazione 110/110 e lode in giurisprudenza all'Università degli Studi di Firenze; è stata poi cultore della materia presso la cattedra di diritto commerciale della facoltà di giurisprudenza della stessa università.[3] Ha, inoltre, conseguito un master in diritto societario[4].
Ha lavorato come avvocato civilista specializzata in diritto societario e dell'impresa, diritto delle società quotate e diritto bancario[5] presso uno studio legale di Firenze[6].
È stata membro della commissione esaminatrice di diritto civile della Scuola di specializzazione per le professioni legali di Firenze[7].
È stata membro del consiglio d'amministrazione di Publiacqua, società partecipata incaricata della gestione idrica per tutta la provincia di Firenze, dal 2009 al 4 giugno 2013 (data in cui, a seguito della sua elezione a deputata, ha rassegnato le dimissioni).
Esordisce in politica nel 2008 nelle primarie del centrosinistra per il Sindaco di Firenze, dove è portavoce dei comitati a sostegno della candidatura a Sindaco di Michele Ventura[9], esponente dell'area dalemiana[10] del Partito Democratico, sfidante di Matteo Renzi.[11]
È stata membro della direzione cittadina del Partito Democratico di Firenze[12].
Partecipante a numerose edizioni della Leopolda, di cui sarà poi prima conduttrice[13] e in seguito organizzatrice[14], aderisce da subito alla corrente dei "rottamatori" guidata dal Sindaco di Firenze Matteo Renzi.
Consigliera giuridica del Sindaco di Firenze, è stata, insieme a Simona Bonafè e Sara Biagiotti, una delle tre coordinatrici della campagna elettorale di Matteo Renzi per le primarie del centrosinistra del 2012.[15][16]
È membro della I Commissione (Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni) della Camera dei deputati, di cui è anche Segretaria.[20]
Il 9 dicembre 2013, in seguito alla vittoria di Renzi alle elezioni primarie del Partito Democratico del 2013, entra a far parte della Segreteria Nazionale del Partito Democratico con il ruolo di Responsabile alle Riforme Istituzionali.
Il 21 febbraio 2014, a seguito alla caduta del Governo Letta, è nominata Ministro senza portafoglio per le Riforme Costituzionali e per i Rapporti con il Parlamento nel Governo Renzi. Il giorno seguente presta giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Dal 22 febbraio 2014 è Ministro per le riforme costituzionali e per i rapporti con il Parlamento con delega all'attuazione del programma del Governo Renzi e il 10 maggio 2016 le vengono conferite le deleghe in materia di pari opportunità, precedentemente assunte da Giovanna Martelli, e quelle in materia di adozioni internazionali[21].
Come responsabile alle riforme, nei primi sei mesi di governo ha intavolato assieme al presidente Matteo Renzi una serie di incontri tra le varie forze politiche. Questi incontri hanno prodotto una proposta di modifica costituzionale contenente la riforma del senato esistente e la fine del bicameralismo perfetto. Dopo varie modifiche apportate al testo iniziale e superato l'esame della commissione Affari Costituzionali, la legge, i cui relatori sono la senatrice Anna Finocchiaro e il senatore leghista Roberto Calderoli, nel mese di luglio ha cominciato l'iter di votazioni in Senato. Il testo è stato approvato dal Senato il giorno 8 agosto 2014 ed è stato inviato alla Camera dei deputati.
Il 4 maggio 2015 la Camera ha approvato la riforma della legge elettorale denominata "Italicum".
Il 13 ottobre 2015 il Senato ha approvato in prima deliberazione il cosiddetto ddl Boschi sulle riforme costituzionali, che è tornato quindi alla Camera, che l'ha approvato l'11 gennaio 2016.[22] e in via definitiva tre mesi dopo. La riforma è stata respinta col 60% di voti contrari al successivo referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Il 12 dicembre 2016 viene nominata Sottosegretaria unica alla presidenza del Consiglio nel governo Gentiloni, generando numerose polemiche, a causa delle sue precedenti dichiarazioni riguardo l'abbandono delle cariche politiche in caso di vittoria del "No" al referendum costituzionale[23]. Le sono inoltre delegate le competenze in materia di attuazione e aggiornamento del programma di Governo, pari opportunità e Autorità amministrative indipendenti.